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Perché ho scelto Debian

>-UN PÒ DI STORIA

Era una notte buia e tempestosa…
no, ve beh, non ricordo come scoprii dell’esistenza del software libero; probabilmente grazie alla deleteria (per lo studio) abitudine a vagare per internet, soprattutto a partire da wikipedia. Comunque un bel giorno scopro che Microsoft’s Windows non è l’unico sistema operativo esistente e che là fuori c’è un esercito di programmi che uno non se lo immagina neanche.
Le cose insomma stanno così: la Microsoft ha il monopolio dei sistemi operativi per home-pc (cioè quasi tutti gli elaboratori venduti). Peccato che da 40 anni esista un altro sistema operativo, il signor Unix, pensato e realizzato nelle prestigiose università americane (beh, veramente è nato nei Bell Laboratories, ma nelle università l’hanno studiato e ampliato moltissimo). Prima che arrivasse Bill Gates, il concetto “i programmi del pc sono prodotti, merce di consumo” era tutt’altro che affermato, e fu solo nella prima metà degli anni 80 che questo virus iniziò a diffondersi: prima, cioè da quando esistono i calcolatori, i programmi erano trattati per ciò che sono effettivamente, cioè idee, costrutti matematici, e non venivano certo commercializzati. In seguito alcune fabbriche di computer hanno iniziato a vendere alle università macchine già dotate di sistema operativo, e a non vendere il sistema operativo, ma a concederlo in licenza senza codice sorgente. Praticamente è come darvi in mano uno shuttle senza istruzioni: se si rompe o se inizia a fare strani fumi verdi col cazzo che lo aggiusti: devi chiamare chi lo shuttle l’ha costruito. Se poi lo shuttle ha telecamere segrete che ti spiano mentre ti fai i tuoi viaggi nello spazio, e mandano tutti i video a qualcuno, non lo saprai mai; o meglio lo shuttle con mazzetta e scarpello lo puoi smontare e se sei un ingegnere scoprirai quasi perfettamente com’è fatto dentro, mentre un sistema operativo no lo puoi aprire: non si può e basta.
(Ah, per inciso, anche voi non siete proprietari di un bel fico secco di XP o Vista: lo usate in licenza, non è vostro, non potete farci ciò che volete, potete usarlo solo secondo i termini del contratto. Voi siete solo proprietari, o detentori illegali, di una licenza d’uso.)
A questo punto a qualcuno (Richard Stalllman) è saltata la mosca al naso “perché io che studio qui da XX anni e scrivo e studio sistemi operativi devo usare sta macchinetta che non so manco cosa fa e se si spacca non la posso aggiustare? io non ci sto” e s’è messo a scrivere un sistema operativo tutto suo, partendo dai principi che l’utente dev’esser libero di
0 usare il software per qualsiasi scopo
1 studiare e modificare il software
2 copiare e ridistrubuire il programma, per aiutare il prossimo
3 migliorare il programma e ridistrubuirlo liberamente, per aiutare tutti
Stallman non ha lavorato da solo, dall’85 al 91 ed ha messo insieme un bel po’ di pezzi di sistema operativo; nel 91 uno STUDENTE DI 21 ANNI, Linus Torvalds, per caso ha scritto il pezzo di sistema che mancava a Stallman ed agli altri. Siccome sono tutti persone intelligenti, han fatto 1+1= GNU/Linux.
GNU è il nome del progetto di Stallman, significa
Gnu’s
Not
Unix
cioè, Gnu non è Unix;
Linux significa Linus Unix.
Insomma, sta gente voleva un sistema bello e fico e potente come Unix (veramente allora unix non era un capolavoro…), ma che non fosse così stupidamente proprietario, legato ad una capitalistica licenza. E l’hanno fatto. (applausi)

-UN PÒ SUL PERSONALE

Non intendo essere ipocrita, ed ammetto onestamente che l’aspetto del Software Libero che più mi ha sconcertato è, forse banalmente, la gratuità: il software libero è gratis. Questo sovverte completamente il modo di pensare le cose che vedi in giro, perché inizi a pensare a come si potrebbero fare gratis, con un piccolo impegno da parte di tutti. Il motivo che però mi ha dato la spinta definitiva nel passaggio al software libero è però la libertà stessa, che da una soddisfazione superiore a qualsiasi altra. Penso che se nel mondo occidentale i bambini crescessero educati con i valori del software libero, la nostra società potrebbe maturare di molto (difatti la microsoft ha già colonizzato tutti gli istituti d’istruzione: è come offrire sigarette ad un bambino: quando cresce diventerà un fumatore…).
Tutto l’insieme di valori morali che ritengo importanti e irrinunciabili si ritrova completamente nel mondo del software libero, e spero che la diffusione di GNU/Linux coincida con la diffusione per questi valori. Volendo poi guardare il lato barbaramente materiale, pensate ai MILIARDI che risparmierebbero gli Stati se non utilizzassero Windows nella pubblica amministrazione, ma questo è solo un risvolto: la copertina è la libertà.

UN PÒ RIGUARDO AL TITOLO

Ho scelto Debian perché è una delle versioni di GNU/Linux più puriste, che si preoccupano maggiormente di creare un sistema operativo rispettando le 4 libertà sopra elencate. Poi ovviamente esiste la flessibilità: i video di youtube si guardano con il plugin per firefox che non è software libero, ma uno può benissimo non usarlo il plugin: si può sempre scaricare al volo i video e guardarli con un programma installato sul pc; ma questi sono dettagli per i fondamentalisti. Debian è una delle distribuzioni più potenti e complete, e sicuramente la più stabile (se poi uno inizia ad installarci la merda, è ovvio che si riesce a farlo schiantare).

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Per completare questo post in itagliano_delle_quasi_4_di_notte, vi segnalo una comunità molto attiva nell’ambito delle libertà, che si muove a partire dal software libero, ma si spinge molto oltre in tutti gli ambiti della società civile (e che organizza l’hackmeeting).

www.autistici.org www.inventati.org (è lo stesso sito, ma ha due nomi)

cito ” Il collettivo di Autistici-Inventati è lieto di presentarvi il piano R*: un network di comunicazione resistente.

Resistente perché pensato per sventare quanto più possibile (ma senza deliri di onnipotenza) il rischio che la comunicazione elettronica offerta dalle nostre strutture indipendenti e autogestite venga interrotta.

Ma resistente anche perché legato a un bel sogno, il sogno che il conflitto sia un insieme di pratiche ancora vive che necessitano di strumenti di comunicazione per diffondersi e prosperare.

Noi ci proviamo, offrendo servizi internet (spazio web, posta elettronica, mailing-list, chat, istant messaging, anonymous remailer), ad individui o progetti, mettendo in campo tutte le tecnologie che conosciamo per difendere la privacy.

Fuori dalla logica commerciale dell’offerta di servizi e di spazi a pagamento, accogliamo volentieri chi vive conflittualmente la censura culturale, mediatica, globalizzante dell’immaginario che ci viene preconfezionato e venduto. “